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Walter Frontalini

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Oggi, dopo più di vent’anni, sento il bisogno di raccontarvi questa storia.

Voglio farlo perché i momenti difficili, nella vita professionale, prima o poi arrivano per tutti. E penso che la mia esperienza possa essere utile per motivare chiunque a rimettersi in gioco. Anche se fosse una sola persona, per me varrebbe già molto.

Quindi mettetevi comodi e seguitemi bene, perché magari potreste anche trarne ispirazione...

Era l’anno 2000, quando decisi di aprire il mio ristorante.
In quel periodo mi sentivo nel pieno della mia energia fisica, la sentivo scorrere nelle vene e tutto ciò che facevo era una sfida con me stesso.

Walter (ristorante).jpg


Avete presente quando vi sentite così sicuri e forti di voi stessi, che niente e nessuno sarebbe riuscito a fermarvi? Ecco, quello ero io con il mio ristorante, in un momento storico in cui tutto andava a gonfie vele e nulla al mondo avrebbe potuto cambiare la rotta.

Se non siete più dei giovanotti come me, avete abbastanza esperienza per capire che momenti come questi non durano in eterno.

Ricordo ancora quel giorno come se fosse oggi.
Nel bel mezzo del servizio mi entra un cliente in cucina, accompagnato dal maître di sala, per scaldarsi del cibo con il forno a microonde. :oops:

Finito il servizio, andai in sala per capire cosa fosse successo.
Il cliente mi spiegò che suo figlio era affetto da celiachia, spiegandomi nel dettaglio come il glutine provochi determinati sintomi a chi ne è affetto.

Lì per lì non gli diedi molta importanza, sospettando che fosse una malattia piuttosto rara, perché non l’avevo mai sentita nominare fino a quel momento.
È un po’ nella nostra indole: fino a quando qualcosa non ci tocca da vicino, non gli diamo peso. Fu solo qualche mese dopo che un mio amico (e cliente) mi riferì che anche suo figlio era affetto da celiachia.

Mi spiegò anche che la maggior parte delle persone che soffre di questa patologia, col tempo finisce per sentirsi inferiore rispetto agli altri. Proprio perché una volta seduti a tavola si è costretti a mangiare in modo differente dal resto dei commensali.

Questo particolare mi fece riflettere parecchio: pensare che anche un solo cliente del mio locale potesse sentirsi a disagio in un momento di convivialità che invece dovrebbe essere piacevole, mi tormentava.
Così, senza pensarci troppo, visto che mi sentivo nel pieno delle mie energie, decisi di mettermi a studiare per imparare la cucina gluten-free.

Vi dico la verità: quando presi questa decisione, in realtà non sapevo affatto a cosa sarei andato incontro.

Fu così che mi iscrissi al corso A.I.C. per prendere la certificazione. Fin da subito capii che mi ero incasinato la vita non poco e mi sentivo piuttosto amareggiato. Ma una parte di me continuava a trattenermi dal tornare sui miei passi.

Cucinare evitando la più piccola contaminazione dal glutine era veramente difficile.

La farina, giusto per fare un esempio, era praticamente ovunque nell’aria.
Pane, grissini e pasta fresca erano preparazioni che si alternavano di giorno in giorno. In più la mia cucina era un buco, non avevo modo di ricavare un laboratorio da dedicare solo alle preparazioni senza glutine.
E poi durante il servizio, evitare la contaminazione era impossibile! E come se non bastasse, avrei dovuto formare anche il personale.
Perfino lo stoccaggio, ormai, era diventato un problema. Non avevo abbastanza spazio!

Insomma, mi sentivo senza alcuna via d’uscita.
Avrei anche potuto rinunciare, ma avevo già avvertito i miei clienti che mi stavo attrezzando per proporre una cucina senza glutine. E io sono il tipo che quando si prende un impegno e dà la parola, non torna mai indietro. Succeda quel che succeda!

Così portai avanti le mie scelte iniziali prendendo la certificazione “Locale informato”, e da quel momento entrai ufficialmente nella guida dell’Associazione Italiana Celiachia.

Fu un periodo molto difficile, perché mi trovavo a lavorare pensando costantemente alle operazioni che avrei dovuto fare per evitare le contaminazioni, mentre allo stesso tempo sapevo che avrei dovuto tenere sott’occhio anche il resto della brigata.

Ma forse “non tutti i mali vengono per nuocere”, anzi!.

Nello stesso periodo infatti stavo anche sperimentando la tecnica del sottovuoto, con la conservazione e le prime cotture. E la mia caparbietà, mi spinse a ricercare una soluzione. Fu proprio il sistema sottovuoto ad aprirmi completamente gli occhi. La soluzione era li vicino a me, ma non me ne ero accorto!

In un attimo avevo capito che dovevo rivalutare, anzi, rivoluzionare tutta l’organizzazione della mia cucina, dalla produzione al servizio. Avrei anche potuto pensarci prima, ma il fatto è che ero troppo focalizzato sui singoli problemi. Invece guardando le cose più in grande mi resi conto che modificando il sistema di lavoro avrei risolto il 90% delle problematiche.

E fu proprio così.

Decisi d'investire qualche “soldino” in un’impresa di pulizie che mi rimettesse la cucina a nuovo in una mattinata. Così il lunedì pomeriggio, durante il giorno di chiusura del ristorante, potevo occuparmi di tutte le preparazioni gluten-free, che poi porzionavo sottovuoto. Dopodiché alcune le pastorizzavo, mentre quelle che lo permettevano le abbattevo in negativo.

In questo modo non avveniva nessun tipo di contaminazione durante la produzione.

Certo, mi trovai a lavorare il lunedì pomeriggio che era il giorno di chiusura, ma il sistema sottovuoto mi permise di starmene in famiglia il sabato a pranzo. Infatti, se prima tutte le preparazioni si concentravano durante il fine settimana, con il nuovo sistema arrivavo al venerdì sera con il 95% della linea già pronta.

A quel punto, il problema che mi era rimasto da risolvere era il servizio. C’era ancora troppo rischio di contaminazione, non potevo permettermi di sbagliare. Il minimo errore, non solo sarebbe costato la salute dei clienti, ma anche la reputazione del ristorante e, ovviamente, la mia!

La soluzione però arrivò abbastanza in fretta. Rigeneravo in acqua calda (ovviamente non quella del bollitore) tramite una piastra a induzione che usavo in pasticceria, tenendo l’acqua tra i 60 e i 70 °C, dove immergevo le buste con i prodotti senza glutine.

Con il lavoro organizzato in questo modo, il rischio di contaminazione era limitato solo all’impiattamento.
Beh, che dire? Tutto il mio staff di cucina è stato sempre impeccabile e nessuno dei miei clienti celiaci ha mai avuto nessun tipo di disturbo dopo aver consumato un pasto nel mio ristorante.

Tutto questo però non fu solo una soddisfazione personale.

Ogni cliente celiaco portava altri clienti con la stessa necessità alimentare.

Inoltre anche gli amici venivano influenzati, poiché per non penalizzare nessuno erano più orientati a scegliere il mio ristorante quando organizzavano le serate.

Di conseguenza, in poco tempo vidi aumentare anche il numero dei coperti. Insomma anche il fatturato ebbe un’impennata non indifferente.

Imparai molto grazie questa esperienza.

Prima di tutto a credere in me stesso. Poi capii come solo rivoluzionando la propria cucina con una visione più in grande delle cose, tutto può cambiare.

In piccola parte mi sento l'artefice di un grande cambiamento personale e non solo. :)