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Da sempre l’esigenza dell’uomo è quella di conservare quanto più a lungo possibile gli alimenti. Se parliamo di prodotti essiccati, affumicati, salati, pastorizzati o sterilizzati, è abbastanza facile riuscirci. Ma con i prodotti freschi come per esempio la pasta all’uovo e tutte le paste fresche in generale, le cose cambiano radicalmente.
In compenso, a differenza di 30 anni fa la cucina si è evoluta molto, anche grazie a tutto il mondo tecnologico che gli gira attorno. Mentre i nostri antenati sfruttavano grotte, nicchie sotterranee, oppure neve e ghiaccio nel periodo invernale (e nei paesi del nord), oggi abbiamo un’ampia gamma di attrezzature che ci permettono di conservare gli alimenti nei modi più disparati.
Una di queste, noi tre la conosciamo molto bene, perché l’abbiamo scoperta oltre 20 anni fa e da allora non ce ne siamo più separati: il sottovuoto.
Negli anni lo abbiamo utilizzato e strapazzato in tutti i modi possibili immaginabili, così abbiamo imparato a conoscere i suoi limiti ma anche molte delle sue sfaccettature e i modi in cui è possibile usarlo in cucina a proprio vantaggio.
Uno dei suoi limiti, appunto, è proprio l’impossibilità di usare il sottovuoto per il confezionamento dei prodotti strutturalmente fragili, come per esempio le chips di patate, grissini, biscotti oppure, come in questo caso, la pasta fresca (che sia ripiena o meno).
Però in realtà, di modi per confezionare questo genere di prodotti grazie al sottovuoto ne esistono eccome, ma non tutti li conoscono. Ce n’è uno in particolare che è conosciuto per lo più per sentito dire, perché generalmente non è un metodo usato nella ristorazione, mentre è più diffuso nel settore industriale.
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