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Se siete dei professionisti del sottovuoto sapete benissimo che in fase di rigenerazione non andrebbe mai superata la temperatura di cottura, salvo rare eccezioni. Questo serve principalmente a non perdere i benefici delle cotture sottovuoto a bassa temperatura.
Di solito lo si tiene in considerazione sia per le carni che per i pesci, ma sopratutto per quei prodotti particolarmente sensibili al calore.
Un esempio su tutti sono le carni rosse, dove basta anche una differenza di 2 o 3 °C per spostare il grado di cottura da “al sangue” a “medio”.
Se invece siete dei principianti, avete appena imparato qualcosa di nuovo!
Quindi ora sappiamo che durante la fase di rigenerazione, potremmo correre il rischio di rovinare il prodotto. Non solo sbagliando il grado di cottura ma, come ho accennato prima, rischiando anche un irrigidimento dei tessuti dell’alimento stesso.
Per questo motivo, voglio spiegarvi come con pochi e semplici concetti è possibile calcolare la rigenerazione perfetta.
Perciò seguite attentamente il mio ragionamento, perché se riuscirete a impossessarvi di queste nozioni, alzerete notevolmente il vostro livello di professionalità.
Facciamo un esempio appositamente con una carne sensibile alla rigenerazione, proprio per capire in modo approfondito come funzionano le dinamiche di questo fenomeno.
Immaginiamo quindi di dover rigenerare una bistecca di controfiletto di manzo, che è stata cotta a 50°C per 2 ore per servirla al sangue. Questo metodo, solitamente lo si usa sia per motivi organizzativi, sia per cercare di intenerire quei pochi tessuti che a una temperatura così bassa cedono.
Come già abbiamo visto nell'articolo sulla cottura delle carni rosse e in quello riguardante la coagulazione delle proteine, l'ideale per sciogliere il tessuto connettivo sarebbe cuocere sopra i 60 °C.
Seguendo questo principio però, non saremo più in grado di servire una carne al sangue, né tanto meno media, in quanto le temperature per ottenere questi gradi di cottura sono inferiori ai 60 °C.
Quindi, tornando all’esempio, abbiamo il nostro controfiletto a +2 °C già cotto in sottovuoto.
Lo scopo della rigenerazione è quello di portare l’alimento a una temperatura di servizio, con il miglior risultato possibile.
Ma questo potrebbe metterci davanti a degli ostacoli:
Come si può determinare questo processo?
In pratica devo immergere nell’acqua calda (ipotizziamo 50 °C), la bistecca di controfiletto conservata a +2 °C fino a quando arriva al cuore a circa 38 °C.
Poi una volta aperta la busta, la asciugo e la scotto (ipotizziamo in padella), fino a portarla a 48°C al cuore.
Dopodiché la tolgo dal fuoco e la faccio riposare per uno o due minuti.
La temperatura continuerà a salire di un paio di gradi fino ad arrivare a 50 °C.
Ora posso tagliarla se ho intenzione di servire una tagliata al sangue, oppure la servo intera.
Semplice no?
A me sembra tutto piuttosto complicato, ma sopratutto improponibile nella cucina di un ristorante!
Forse a casa, con uno o due porzioni da rigenerare, si potrebbe pensare a un sistema del genere. Ma al ristorante le cose si complicano di parecchio.
Se dovessi trovarmi in una situazione di dover rigenerare 5 o 6 porzioni a distanza di 5 minuti l’una dall’altra, rischierei di dovermi districare in un agglomerato di cavi e sonde.
Quindi ora abbiamo capito che questo modo perfetto di rigenerare una bistecca, è improponibile.
Perciò dobbiamo trovare il modo di semplificare il sistema per ottenere un risultato quanto più vicino possibile alla perfezione.
Per farlo, dobbiamo prima smantellare il nostro “sistema perfetto per rigenerare”, così da capire meglio le variabili che possono determinare gli errori.
Nelle cotture sottovuoto lo spessore è importante e, se varia, anche gli altri parametri vanno riadattati.
Vi faccio un esempio al volo.
Se il taglio di carne è spesso 1 cm, quale temperatura al cuore deve raggiungere prima di essere scottato, per non superare i 50 °C se voglio servirla calda e al sangue?
Ma soprattutto, in questo caso non conviene iniziare la rigenerazione a freddo direttamente in padella?
Quindi il primo obiettivo che vi dovete prefiggere è quello di determinare lo spessore del vostro taglio di carne e di mantenerlo per tutte le porzioni successive.
Se cambia lo spessore cambieranno anche i parametri di rigenerazione. Ma dato che l’obiettivo è quello di standardizzare il processo, è molto più facile ottenere tagli dello stesso spessore che adattare parametri di rigenerazione a spessori differenti.
Se avete fatto un buon lavoro e avete tagliato correttamente tutte le porzioni allo stesso spessore, quando andrete a rigenerare in sottovuoto il tempo sarà sempre lo stesso.
Che cosa vuol dire?
Significa che se prendiamo la busta con il controfiletto dal frigorifero, che è sempre a 2 °C, e la immergiamo in acqua calda sempre alla medesima temperatura, servirà sempre lo stesso tempo per raggiungere la temperatura voluta (nel caso dell’esempio 38 °C).
Ora starete pensando che:
Provate a conservare gli alimenti cotti in sottovuoto, dentro una vasca piena d’acqua, all’interno del frigorifero.
In questo modo, quando il frigo si sbrina o viene aperta la porta, varierà la temperatura dell’aria al suo interno, ma quella dell’acqua (se abbondante), rimarrà comunque costante. Di conseguenza anche i prodotti immersi in essa non subiranno sbalzi di temperature.
Il CTI invece va regolato sempre alla stessa temperatura di rigenerazione.
Però dipende sempre dai singoli casi.
La temperatura può variare da 55 a 60 °C a seconda di diversi fattori, come per esempio la distanza tra sala e cucina, la temperatura degli ambienti, la disponibilità o meno di piatti riscaldati e altri diversi elementi legati al contesto lavorativo.
Immaginate ora di dover rigenerare a 60 °C, durante il servizio, una carne che è stata cotta a 50 °C per averla al sangue.
Se non avete modo di usare la sonda per evitare che la temperatura al cuore superi quella di cottura, il tempo è l'unico parametro a cui potrete affidarvi per evitare errori.
Se state pensando che così facendo lo strato esterno superi la temperatura di cottura rovinando l'aspetto della carne, non preoccupatevi. La superficie esterna avrebbe raggiunto comunque temperature più alte in fase di scottatura.
In ogni caso, sarà sufficiente mantenere la carne nell'acqua soltanto per il tempo necessario a raggiungere i 35-40 °C al cuore. In questo modo, l'antiestetico contorno grigiastro tipico delle cotture tradizionali non avrà il tempo di formarsi.
Tutto questo discorso per dirvi semplicemente che si può definire il tempo di rigenerazione in acqua, purché quest’ultima sia sempre alla stessa temperatura.
Ora però siamo arrivati al momento in cui la probabilità d’errore aumenta.
Infatti, per poter definire una tempistica precisa per questa fase, tanto per cambiare, ci vuole una temperatura costante e sempre uguale.
Vi dico già da adesso che le possibilità non sono molte e nessuna tra quelle che vi elencherò vi dà la sicurezza che può darvi il monitoraggio della temperatura al cuore.
Quindi, primo consiglio in assoluto, se potete, mettete la sonda al cuore e portate l’alimento al grado di cottura desiderato con tecniche differenti: griglia, brace, piastra, padella in rame, in ferro, ghisa ecc. L’importante è che sia calda a sufficienza altrimenti rischiate l’effetto "carne bollita".
Anche se l’avete asciugata e addirittura unta con olio o un altro grasso, la carne cotta sottovuoto è ricca di umidità, che è acerrima nemica della reazione di Maillard.
Detto questo se non avete la possibilità di usare la sonda dovrete capire, con l’esperienza, il punto di cottura desiderato, facendo riferimento a una tempistica ipotetica.
Per esempio la piastra in alcuni casi ha una manopola che indica il grado di riscaldamento. Mantenendo sempre lo stesso e testando il tempo le prime volte, otterrete già un dato ipotetico. Sì, “ipotetico” perché anche quelle piastre non sono precise e infallibili sul controllo della temperatura.
Vi ho suggerito due soluzioni, ma se io dovessi e potessi scegliere la giusta combinazione probabilmente sceglierei la brace per il gusto autentico che dona alla carne, ma non senza l’utilizzo di una sonda per il monitoraggio della temperatura al cuore.
Ora avete tutti i riferimenti per poter ottenere un alimento rigenerato alla perfezione abbassando notevolmente il margine di errore. Vi posso assicurare che con un po’ di esperienza è possibile ottenere eccellenti risultati, che difficilmente riuscireste a raggiungere senza conoscere queste informazioni.
Quindi abbiate la costanza di insistere senza abbattervi di fronte alle prime difficoltà, altrimenti rinuncerete troppo presto.
Vedrete che in breve tempo arriveranno risultati straordinari dei quali non riuscirete più a fare a meno.
A presto Chefs!
Di solito lo si tiene in considerazione sia per le carni che per i pesci, ma sopratutto per quei prodotti particolarmente sensibili al calore.
Un esempio su tutti sono le carni rosse, dove basta anche una differenza di 2 o 3 °C per spostare il grado di cottura da “al sangue” a “medio”.
Se invece siete dei principianti, avete appena imparato qualcosa di nuovo!
Quindi ora sappiamo che durante la fase di rigenerazione, potremmo correre il rischio di rovinare il prodotto. Non solo sbagliando il grado di cottura ma, come ho accennato prima, rischiando anche un irrigidimento dei tessuti dell’alimento stesso.
Per questo motivo, voglio spiegarvi come con pochi e semplici concetti è possibile calcolare la rigenerazione perfetta.
Perciò seguite attentamente il mio ragionamento, perché se riuscirete a impossessarvi di queste nozioni, alzerete notevolmente il vostro livello di professionalità.
Facciamo un esempio appositamente con una carne sensibile alla rigenerazione, proprio per capire in modo approfondito come funzionano le dinamiche di questo fenomeno.
Immaginiamo quindi di dover rigenerare una bistecca di controfiletto di manzo, che è stata cotta a 50°C per 2 ore per servirla al sangue. Questo metodo, solitamente lo si usa sia per motivi organizzativi, sia per cercare di intenerire quei pochi tessuti che a una temperatura così bassa cedono.
Come già abbiamo visto nell'articolo sulla cottura delle carni rosse e in quello riguardante la coagulazione delle proteine, l'ideale per sciogliere il tessuto connettivo sarebbe cuocere sopra i 60 °C.
Seguendo questo principio però, non saremo più in grado di servire una carne al sangue, né tanto meno media, in quanto le temperature per ottenere questi gradi di cottura sono inferiori ai 60 °C.
Quindi, tornando all’esempio, abbiamo il nostro controfiletto a +2 °C già cotto in sottovuoto.
Lo scopo della rigenerazione è quello di portare l’alimento a una temperatura di servizio, con il miglior risultato possibile.
Ma questo potrebbe metterci davanti a degli ostacoli:
- se la rigenerazione avviene a temperature troppo basse la carne non è sufficientemente calda
- se invece avviene a temperature troppo alte, la carne rischia di asciugarsi e diventare dura
Come si può determinare questo processo?
In pratica devo immergere nell’acqua calda (ipotizziamo 50 °C), la bistecca di controfiletto conservata a +2 °C fino a quando arriva al cuore a circa 38 °C.
Poi una volta aperta la busta, la asciugo e la scotto (ipotizziamo in padella), fino a portarla a 48°C al cuore.
Dopodiché la tolgo dal fuoco e la faccio riposare per uno o due minuti.
La temperatura continuerà a salire di un paio di gradi fino ad arrivare a 50 °C.
Ora posso tagliarla se ho intenzione di servire una tagliata al sangue, oppure la servo intera.
Semplice no?
A me sembra tutto piuttosto complicato, ma sopratutto improponibile nella cucina di un ristorante!
Forse a casa, con uno o due porzioni da rigenerare, si potrebbe pensare a un sistema del genere. Ma al ristorante le cose si complicano di parecchio.
Se dovessi trovarmi in una situazione di dover rigenerare 5 o 6 porzioni a distanza di 5 minuti l’una dall’altra, rischierei di dovermi districare in un agglomerato di cavi e sonde.
Quindi ora abbiamo capito che questo modo perfetto di rigenerare una bistecca, è improponibile.
Perciò dobbiamo trovare il modo di semplificare il sistema per ottenere un risultato quanto più vicino possibile alla perfezione.
Per farlo, dobbiamo prima smantellare il nostro “sistema perfetto per rigenerare”, così da capire meglio le variabili che possono determinare gli errori.
Spessore del taglio di carne o dell’alimento in questione
Nelle cotture sottovuoto lo spessore è importante e, se varia, anche gli altri parametri vanno riadattati.
Vi faccio un esempio al volo.
Se il taglio di carne è spesso 1 cm, quale temperatura al cuore deve raggiungere prima di essere scottato, per non superare i 50 °C se voglio servirla calda e al sangue?
Ma soprattutto, in questo caso non conviene iniziare la rigenerazione a freddo direttamente in padella?
Quindi il primo obiettivo che vi dovete prefiggere è quello di determinare lo spessore del vostro taglio di carne e di mantenerlo per tutte le porzioni successive.
Se cambia lo spessore cambieranno anche i parametri di rigenerazione. Ma dato che l’obiettivo è quello di standardizzare il processo, è molto più facile ottenere tagli dello stesso spessore che adattare parametri di rigenerazione a spessori differenti.
Tempistica e temperatura di rigenerazione in sottovuoto
Se avete fatto un buon lavoro e avete tagliato correttamente tutte le porzioni allo stesso spessore, quando andrete a rigenerare in sottovuoto il tempo sarà sempre lo stesso.
Che cosa vuol dire?
Significa che se prendiamo la busta con il controfiletto dal frigorifero, che è sempre a 2 °C, e la immergiamo in acqua calda sempre alla medesima temperatura, servirà sempre lo stesso tempo per raggiungere la temperatura voluta (nel caso dell’esempio 38 °C).
Ora starete pensando che:
- il frigorifero non ha sempre la stessa temperatura, poiché è soggetto a degli sbalzi causati dallo sbrinamento e dall’apertura continua delle porte;
- non è possibile avere un CTI alla stessa temperatura di rigenerazione di ogni taglio di carne, quindi è difficile standardizzare questo processo.
Provate a conservare gli alimenti cotti in sottovuoto, dentro una vasca piena d’acqua, all’interno del frigorifero.
In questo modo, quando il frigo si sbrina o viene aperta la porta, varierà la temperatura dell’aria al suo interno, ma quella dell’acqua (se abbondante), rimarrà comunque costante. Di conseguenza anche i prodotti immersi in essa non subiranno sbalzi di temperature.
Il CTI invece va regolato sempre alla stessa temperatura di rigenerazione.
Però dipende sempre dai singoli casi.
La temperatura può variare da 55 a 60 °C a seconda di diversi fattori, come per esempio la distanza tra sala e cucina, la temperatura degli ambienti, la disponibilità o meno di piatti riscaldati e altri diversi elementi legati al contesto lavorativo.
Immaginate ora di dover rigenerare a 60 °C, durante il servizio, una carne che è stata cotta a 50 °C per averla al sangue.
Se non avete modo di usare la sonda per evitare che la temperatura al cuore superi quella di cottura, il tempo è l'unico parametro a cui potrete affidarvi per evitare errori.
Se state pensando che così facendo lo strato esterno superi la temperatura di cottura rovinando l'aspetto della carne, non preoccupatevi. La superficie esterna avrebbe raggiunto comunque temperature più alte in fase di scottatura.
In ogni caso, sarà sufficiente mantenere la carne nell'acqua soltanto per il tempo necessario a raggiungere i 35-40 °C al cuore. In questo modo, l'antiestetico contorno grigiastro tipico delle cotture tradizionali non avrà il tempo di formarsi.
Tutto questo discorso per dirvi semplicemente che si può definire il tempo di rigenerazione in acqua, purché quest’ultima sia sempre alla stessa temperatura.
Scottatura e reazione di Maillard
A questo punto, è il momento della reazione di Maillard, che nel caso del controfiletto darà quel gusto particolare e una leggera crosticina croccante.Ora però siamo arrivati al momento in cui la probabilità d’errore aumenta.
Infatti, per poter definire una tempistica precisa per questa fase, tanto per cambiare, ci vuole una temperatura costante e sempre uguale.
Vi dico già da adesso che le possibilità non sono molte e nessuna tra quelle che vi elencherò vi dà la sicurezza che può darvi il monitoraggio della temperatura al cuore.
Quindi, primo consiglio in assoluto, se potete, mettete la sonda al cuore e portate l’alimento al grado di cottura desiderato con tecniche differenti: griglia, brace, piastra, padella in rame, in ferro, ghisa ecc. L’importante è che sia calda a sufficienza altrimenti rischiate l’effetto "carne bollita".
Anche se l’avete asciugata e addirittura unta con olio o un altro grasso, la carne cotta sottovuoto è ricca di umidità, che è acerrima nemica della reazione di Maillard.
Detto questo se non avete la possibilità di usare la sonda dovrete capire, con l’esperienza, il punto di cottura desiderato, facendo riferimento a una tempistica ipotetica.
Per esempio la piastra in alcuni casi ha una manopola che indica il grado di riscaldamento. Mantenendo sempre lo stesso e testando il tempo le prime volte, otterrete già un dato ipotetico. Sì, “ipotetico” perché anche quelle piastre non sono precise e infallibili sul controllo della temperatura.
Vi ho suggerito due soluzioni, ma se io dovessi e potessi scegliere la giusta combinazione probabilmente sceglierei la brace per il gusto autentico che dona alla carne, ma non senza l’utilizzo di una sonda per il monitoraggio della temperatura al cuore.
Ora avete tutti i riferimenti per poter ottenere un alimento rigenerato alla perfezione abbassando notevolmente il margine di errore. Vi posso assicurare che con un po’ di esperienza è possibile ottenere eccellenti risultati, che difficilmente riuscireste a raggiungere senza conoscere queste informazioni.
Quindi abbiate la costanza di insistere senza abbattervi di fronte alle prime difficoltà, altrimenti rinuncerete troppo presto.
Vedrete che in breve tempo arriveranno risultati straordinari dei quali non riuscirete più a fare a meno.
A presto Chefs!