Ciao Paolo,
di base i legumi, oltre a essere tossici da crudi, non vanno molto daccordo con l’apparto digerente umano e andrebbero consumati con moderazione.
Uno dei motivi è proprio la presenza di
acidi fitici che, secondo le informazioni disponibili a oggi, inibiscono l’assorbimento di alcuni minerali. Perché a differenza dei ruminanti non siamo in grado di digerire l’acido fitico, che quindi arriva indenne fino all’intestino.
In ogni caso l’
ammollo prolungato gioca un ruolo fondamentale nell’espulsione dei fitati, che sono idrosolubili, quindi va fatto sempre, perché non serve solo a reidratare i semi.
Se poi ci fosse la possibilità di cambiare l’acqua spesso è anche meglio. Ma questo non è sempre possibile perché sappiamo tutti che è più comodo mettere i legumi a bagno la sera e lasciarli tutta la notte, così la mattina sono bell’e pronti da cuocere.
Anche
germinazione e
fermentazione degradano l’acido fitico, ma non è il nostro caso.
Invece per quanto riguarda la cottura mi risulta che siano piuttosto stabili alle temperature e che anche a 100 °C se ne elimina soltanto una parte. Per ottenere un’azione più efficace bisogna andare oltre i 140 °C e comunque per non meno di 1 ora.
Quindi mi viene difficile pensare che una cottura a temperature più basse possa essere utile.
Però ora che mi ci fai pensare, avevo letto che facendo un ammollo con acqua a pH neutro intorno ai 50 °C, si dovrebbe riuscire a mantenere ben attiva la
fitasi, l’enzima che
demolisce l’acido fitico.
Invece per le
fitoemoagglutenine ho dato un’occhiata alla ricerca che hai linkato, che però è riferita all’estrusione delle
farine di fagioli (
Phaseolus vulgaris L.).
Lo scopo dello studio era verificare se con l’estrusione a temperature più basse si ottiene comunque una riduzione delle lectine come avviene per il metodo ad alte temperature (come dicevo sopra). Perché sembra che oltre i 145 °C si modifichino anche le proprietà nutrizionali e funzionali del legume, come la capacità di assorbimento dell’acqua che nelle farine è importante.
Comunque da quanto leggo, le farine sono state ricavate dopo un ammollo e successiva essiccazione, anche questo immagino sia stato di aiuto. Sarebbe interessante capire se anche il metodo ad alte temperature preveda questi passaggi, ma personalmente non lo conosco.
In ogni caso, mi sembra di capire che la
conclusione della ricerca sia di
non scendere sotto gli 80 °C se si vuole ottenere una sensibile riduzione dell’attività delle fitoemoagglutenine (PHA) e che
85 °C sia stata scelta come la
temperatura ideale.
Lo si legge nel
punto 5, di cui riporto un estratto qui sotto:
5. Results and discussion ha scritto:
In order to see an effect on reduction in PHA, it was necessary to cook at a temperature >80°C. Hence, a process for producing bean flours using extrusion at 85°C was chosen to optimise the quality of bean flour.
Inoltre, nel punto successivo (
5.1) si legge che
“per distruggere praticamente tutta l'attività emoagglutinante delle lectine è più che sufficiente cucinare i fagioli al punto in cui possono essere considerati commestibili” e che
“85 ° C è una temperatura sufficiente per ridurre in modo significativo il contenuto di lectina”.
5.1. Lectins as active phytohemagglutinin (PHA) by ELISA ha scritto:
It appears that cooking beans to the point where they may be considered edible is more than sufficient to destroy virtually all of the hemagglutinating activity of lectins (Deshpande & Singh, 1991). Our results showed that high-temperature extrusion may not be necessary since a temperature of 85°C is sufficient to reduce lectincontent significantly as well as have the potential to retain desirable sensory attributes of bean flours.
È poi interessante anche leggere che per avere una
maggior riduzione del contenuto di oligosaccaridi (che sono i responsabili della flatulenza), sembra sia utile
aumentare il rapporto acqua/legume nell’ammollo.
Consigliano di arrivare anche
fino a 1:5 ma a questo punto...
“meglio abbondare che deficere”, no?
